Vanity Fair: Roma caput Hollywood: il cinema torna a Cinecittà
Roma caput Hollywood? Sembra proprio che il sogno sia destinato a diventare di nuovo realtà. Grazie a una serie d’incentivi e investimenti fiscali, le grandi produzioni internazionali stanno tornando a girare tra Cinecittà e dintorni. I titoli in programma sono vari, e tutti di altissimo livello: si va dal reboot del kolossal Ben Hur al sequel diZoolander, dal nuovo 007 a Diabolik – La Serie (sfoglia la gallery in alto per scoprirli tutti).
Tra di essi, c’è anche la pellicola indie Voice from the stone, la cui particolarità è di essere interamente made in Italy, nonostante la produzione americana. Sono infatti italiane tutte le maestranze che hanno preso parte alla troupe. «All’inizio ci avevano proposto di andare girarlo in Bulgaria, ma io mi sono opposto con forza e ho trovato un finanziamento per farlo qui. Il team italiano è di altissima qualità: uno lavora con Garrone, un altro con Ridley Scott, il direttore della fotografia collabora con Terence Malick». È entusiasta Stefano Gallini-Durante, quando parla della sua ultima avventura. Ex bancario, oggi produttore, insieme al collega americano Dean Zanuck sta realizzando questa trasposizione cinematografica del romanzo La voce della pietra di Silvio Raffo (1997), un thriller psicologico ambientato nella Toscana degli anni ’50.
«Le riprese sono durate sei settimane. A novembre abbiamo “occupato” un paesino di 70 abitanti vicino a Viterbo, Montecalvello; poi abbiamo fatto delle esterne a Castello Celsa, Siena; infine a Cinecittà. I ritmi sono stati pesanti, abbiamo girato tutti i giorni dalle 6 di mattina alle 7 di sera», racconta.
Senza finanziamenti sarebbe stato possibile?
«Assolutamente no. Sebbene io abiti negli Stati Uniti da ventisei anni, ci tenevo che questo film avesse una connotazione italiana. La qualità dei nostri tecnici è invidiabile, mi fanno arrabbiare quelli che stanno sempre lì a parlar male».
È lo sport nazionale.
«Io invece resto un sostenitore del mio Paese e trovo che da parte nostra ci sia troppa critica. Anziché affondarla bisognerebbe aiutarla, l’Italia. Il cinema può fare tanto, io nel mio piccolo faccio il possibile».
Si dirà: venendo da fuori è tutto più semplice.
«In parte è vero: si arriva qui con un finanziamento e la voglia di fare un film, senza dover passare dalla politica, con cui invece ha purtroppo a che fare ogni produttore italiano. Sotto il profilo creativo, girare da noi è stata la scelta giusta: le location sono spettacolari, le troupe eccezionali».
E il cast?
«Come attori italiani abbiamo Remo Girone, Caterina Murino e Lisa Gastoni, una leggenda degli anni ’60. E poi c’è il bambino Edward Dring, che nonostante il nome e cognome stranieri è di Genova: è bravissimo, ne sentiremo parlare».
La protagonista, però, è straniera (l’Emilia Clarke di Game of Thrones, ndr).
«Le scelte degli attori sono legate al mercato: da noi attori di valore internazionale non ce ne sono. Non abbiamo una Marion Cotillard o uno Javier Bardem. Abbiamo attori bravissimi ma limitati a progetti di corto respiro».
Film italiani appetibili per l’estero ne ha visti di recente?
«Recentemente ho visto poco, quindi non posso giudicare. Mi è piaciuto La grande bellezza, che gli italiani hanno amato poco perché riflette in pieno come siamo».
Lei ai suoi colleghi italiani che consiglio darebbe?
«Di avere una visione più internazionale del cinema, come in passato ce l’avevano i grandi produttori De Laurentis, Carlo Ponti, Franco Cristaldi. Le caratteristiche tecniche e creative per varcare i confini nazionali le abbiamo, così come fanno i francesi con Besson e altri. Direi loro di svegliarsi e di viaggiare, per trovare del materiale internazionale».
«Non ci sono i soldi», dicono tutti così.
«Non è vero, basti pensare che il budget del mio film (tra i 4 e gli 8 milioni di euro) è inferiore a quello dei film italiani. La protagonista è Emilia Clarke, una star internazionale da milioni di fan che qui ancora non è esplosa, ma che l’anno prossimo vedremo in tre film e ha già firmato per il nuovoTerminator. Per fare un film di respiro internazionale bisogna puntare su queste cose, sul nuovo, non serve spendere tanti soldi. Se uno vuole, le cose si possono fare anche a budget ridotto».
Lei che altri progetti ha in ballo?
«Diversi, tutti internazionali, ma da girare in Italia. Uno si chiama Joe Petrosino e sarà ambientato nei primi del ‘900: racconta una storia di mafia che è l’anello di congiunzione traGangs of New York e Il Padrino. Non abbiamo né cast, né regista ma è interamente finanziato da Lionsgate. Poi c’è la trilogia Fallen Angel con la Fox, di cui gireremo il terzo capitolo; infine la trasposizione de Il Peso della farfalla di Erri De Luca».
Sfoglia in alto la gallery con le immagini dal set di Voice from the stone e di tutti i film internazionali girati in Italia nelle prossime settimane.
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